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L’utilizzo degli impianti come ausilio nel trattamento ortodontico risale agli anni ’80 (Creekmore ed Eklund, 1983; Douglass e Killiany, 1987; Roberts et al., 1990), ma nell’ultimo decennio ha avuto un grosso impulso (Bae et al., 2002; Costa et al., 1998; Kanomi, 1997; Kyung et al. 2003; Kyung et al., 2004; Papadopoulos and Tarawneh, 2007; Park et al., 2001; Park et al., 2003; Park et al., 2004a; Park et al., 2004b; Park, 2006; Sohn et al., 2007) e l’introduzione nel mercato di varie tipologie di minimpianti ha fornito al clinico un’ampia gamma di soluzioni terapeutiche, rivoluzionando in alcuni aspetti le varie metodiche ortodontiche.
La lunghezza e il diametro dei Microimpianti (o mini-viti), decisamente inferiori rispetto ai tradizionali impianti protesici, consentono il loro inserimento in molteplici sedi, dal momento che lo spessore osseo necessario è abbastanza ridotto. La metodica di inserimento risulta poco invasiva ed abbastanza semplice: la preparazione del sito avviene velocemente e le viti sono autofilettanti.
I Microimpianti sono progettati per non osteointegrarsi, garantendo comunque una buona stabilità nel posizionamento e favorendo al tempo stesso la loro rimozione.